25 settembre 2013

No, non tu, l'altro.

E capita che davanti a una birra con il cugino ti ritrovi a dover inventare un esempio per spiegargli il concetto di banalità, di miseria intellettuale presentata (e vissuta!) come fosse filosofia dispensata a ritmo di dieci perle al giorno una più preziosa e imperdibile dell'altra, tutte prodotte con l'aria di chi ha riassunto dieci volte al giorno, trenta volte al mese, 12 mesi l'anno, cento anni un secolo, la sintesi della vita e la generosità di chi la regala al prossimo, perché è chiaro che quando sei così illuminato non puoi che essere anche generoso, ché se sul palco ci sali col trucco ma senza il parrucco saresti un improvvisato ed è chiaro che non lo sei.
Perché quando ci si percepisce depositari di tanta illuminazione si sente il dovere di aiutare gli altri a nutrirsene perché anche loro si elevino e tocchino la saggezza che tu hai donato loro, inconsapevole vittima di una psicotica autopercezione che ci porta a credere non solo che sia possibile una roba che nemmeno Terzani, e stiamo parlando di Terzani, avrebbe mai avuto la presunzione necessaria per credersi capace di fare pur essendo forse l'unico al mondo a potersela permettere e infatti guarda che intima e viscerale umiltà scelse per vivere e morire, ma che soprattutto una cosa tanto irreale è stata data proprio a noi.
Manco Cristo, e stiamo parlando di Cristo, si percepiva così.

E per trovare l'esempio che alla curiosità del cugino riassuma in pochi caratteri tutto questo non fai altro che prendere l'algoritmo che ormai hai capito stare dietro la costruzione delle perle di saggezza e lo applichi al concetto più banale che ti venga in mente nei primi secondi, per non stare a investirne più del necessario in un esempio che sia chiaro.
E capita che stamattina ti svegli, apri la pagina del pacifista amante del dolore altrui e scopri che 3 ore fa l'ha scritto così come l'avevi pensato tu ieri sera le-tte-ra-le.
E allora o io prevedo il futuro (e non sarebbe la prima volta solo che in genere non mi è possibile dimostrarlo così chiaramente) o il Grande Regista Superiore continua a divertirsi o tu sei veramente la materializzazione di ciò che è più facile pensare quando serve spiegare a qualcuno il concetto di banalità umana.
Qualsiasi sia la verità, resta che ieri sera per raccontare il nulla ho inventato ciò che tu stamattina hai inventato per raccontare il tutto.
E tutto questo è sufficiente per spiegarsi ogni perché e per continuare a giocare con il Grande Regista Superiore.
Che se voleva farmi giocare solo con la banalità si sarebbe limitato a farmene trovare la copia da qualche parte in rete, ma che al contrario come abbiamo visto durante la mia campagna bellica ama divertirsi fino in fondo e per questo tra duecento milioni di utenti attivi ha scelto di farla pronunciare proprio a te e proprio stamattina.
Siamo dentro un grande gioco superiore e perdonami se al momento nonostante la tua illuminazione ti dica il contrario io sono in incredibile vantaggio.
Tu pensi quello che io dico agli altri che tu pensi e dopo poche ore lo scrivi convinto di, dandomi così l'inattesa possibilità di mostrarglielo per chiudere la dimostrazione in una maniera che non avresti potuto rendermi più facile e dirgli "Visto? Se io penso una cosa entro breve quella cosa si materializza" e lui, con una saggezza che non sa di avere ma che in realtà è solo inesperienza a maneggiarla, rispondermi "Potrei chiamarti veggente ma questa è tutta logica".
E' tutta logica, esatto.
Poi c'è il resto, la materializzazione temporale, che è tutta roba mia e ultimamente direi che si è riattivata con una certa intensità.
Se io sono quello che tu pensi io sia, fossi in te mi preoccuperei perché significherebbe che come pensieri vali proprio poco.
Se non lo sono, mi preoccuperei anche di più perché significherebbe che vali anche meno.
Ma tu non ti preoccuperai in entrambi i casi, perché in realtà vali nulla.
Io lo so, tu inconsciamente lo sai altrimenti non ti danneresti a dissimularlo con tanto fervore, l'importante per entrambi è che continui a non capirlo lei, così siamo salvi entrambi.

Il problema è che quando io amo tendo sempre a sopravvalutare e invece guarda lì quant'era facile, un algoritmo e il nulla diviene tutto.
Ma è un problema mio, tu sei perfetto così e non potresti essere più adeguato.
Mi raccomando resta sempre così, finché ci sono quelli come te noi possiamo continuare a sentirci giganti.

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