27 luglio 2014

è ancora come tu fossi una mattina da vestire

Tredici anni, mese più mese meno, non ho voglia di star lì a controllare per dare la dimensione esatta a un'esattezza che non serve a niente, fossero tredici e mezzo, boh forse quattordici, mi rendo conto che è inutile contarli se dopo tanto tempo è come fosse ieri e quindi anche fossi preciso, scoprissi che sono quattromiladuecentotrentasei giorni sarebbero comunque uno e allora tantovale non contarli nemmeno.
Li ho risolti pressoché tutti gli sbagli, le cadute, le sviste, i vuoti, le colpe, gli amori, con lenta e paziente costruzione sono riuscito a chiudere cerchi che manco erano tali quando ci inciampai, per sbadataggine o perché me li tirarono contro mentre correvo sperando di farmi cadere e sovente riuscendoci, e a costruire strumenti con i quali sono oggi in grado di riparare qualsiasi ingranaggio si blocchi e in due secondi farlo ripartire e con lui tutti quelli collegati.
Quanto sia grande il pezzo di me che morendo ti sei portato via è una cosa che invece sembra non avere soluzione, se dopo tredici anni il buco invece che stringersi si è allargato ogni singolo giorno, ogni singolo giorno di più e immagina cosa possa voler dire ogni giorno di più per tredici anni, sono tantissimi.
Quanto mi manchi è una lacerazione che non so dipingere.
In più di quarant'anni ho trovato il modo di raccontare qualsiasi cosa, per ogni giorno ho scritto un racconto perfetto, ogni storia ha trovato le parole giuste, la costruzione a misura, la foto a fuoco e questa invece no, questa è una delle poche cose o forse l'unica che non so esprimere, come le parole a oggi imparate in tanti anni non avessero il peso necessario, la forma, il suono.
Mi viene da dire che mi manchi tredici anni ma non è vero, mi manchi venti, trenta, cinquanta, dovessi dare una dimensione al buco di una vita insieme mancata l'unica dimensione che mi sembra a misura di questo buco è che mi manchi più di quelli che ho vissuto, più di quanto mi sia mancato io quando mi sono perso tutte le volte che mi sono perso messe insieme e sono tante, proprio tante, e lo stesso tu mi sei perso una in più.
Mi manchi così tanto che la foto del momento peggiore che mi hai fatto vivere mi sembra così bella.
Non l'hanno capito gli altri che è così che funziona il perdòno, che è per quello che lo chiamano grazia.


25 luglio 2014

Con moderazione

Dato che voi, affezionati come siete alla vostra salute mentale, vi tenete giustamente lontani da quella fogna a cielo aperto che porta il nome di Fatto Quotidiano nel quale io al contrario mi immergo quotidianamente per combattere battaglie anche a nome vostro, è mia premura tenervi al corrente non solo della qualità delle sue firme di punta, ma anche della qualità dei suoi lettori e della media ottenuta dopo anni di attenta e meticolosa selezione e addestramento.

Che voi direte: "Ma non c'è la moderazione dei commenti?"
E io vi rassicurerò: "Sì, certo, appunto"


19 luglio 2014

Volami addosso qualunque cosa sia


Torno a casa camminando nel bosco da solo con la differenza che questa volta, vai a sapere se per risparmio o perché i rom stanziali nel bosco si sono fregati il rame, tutti i lampioni sono spenti.
Mi scopro più coraggioso di quanto pensassi perché al bivio della scelta tra l’ingresso nel bosco buio per la strada più breve ma completamente cieca e quella più lunga ma sul rassicurante bordostrada, scelgo la prima con la sola cautela di togliere dal fodero la mia assicurazione sul rientro a casa o sul fare di tutto per riuscirci, che poi vai a sapere se avrei il coraggio che a oggi non ho mai avuto.
La musica in cuffia mi accompagna ma forse è più corretto dire ci accompagna, io solo non lo sono mai.
Ogni volta che nel buio il chiaro del cielo buio ma meno buio del buio disegna in contorni di qualcosa che ha tutte le sembianze di una panchina penso che fossimo stati in due ci saremmo fermati, ci saremmo lasciati integrare nel contorno, saremmo stati buio e luce nello stesso momento, quel che siamo stati sempre.
Esco dal bosco e una musica più forte di quella nelle cuffie attira la mia attenzione, la notte è piccola per noi uacciuuariuariuà, tolgo le cuffie e entro nel cortile del locale, non ho voglia di tornare a casa, avevo ipotizzato una serata fuori che poi ha preso un’altra piega e mi ha lasciato solo, ma il bello delle pieghe è che non sono mai definitive.
Una piega è una scelta, due pieghe sono una lettera d’addio, da tre in poi sono un origami, puoi aggiungerne quante ne vuoi e sarà cigno, sarà rana, sarai tu se è foglia d’oro.
Entro nel locale e scopro che è un karaoke, una macchina del tempo mi riporta a quando era il mio mondo, quando era casa, quando raccoglievo donne con il retino semplicemente scegliendole con una dedica e loro cadevano come birilli.
Non ho voglia di tornare a casa, non avevo voglia di tornare a casa già prima, prendo una birra e mi siedo sotto il pergolato ad ascoltare strazianti tentativi di essere me, un tempo avrei strappato quel microfono, prima di anni di sigarette, di errori, di timori, avrei portato a casa la luna, la superluna, e invece stasera una birra un pergolato e la voglia di chiamarti.
Solo che poi ho pensato che avrei chiamato te.
Poi ho pensato che avevo voglia di sentire te.
Poi ho pensato che avevo voglia di sentire te.
Poi ho pensato che avevo voglia di sentire te.
E quanto vorrei ti riconoscessi da sola in quel te, non aver bisogno di lasciare briciole di pane, se mi vedessi dentro, la voglia che ho di adagiarmi sulla certezza che ti vedi chiara come fossi disegnata dalla luce che se ci sono io buia non lo sarà mai, giuro, prometto, croce sul cuore ma il tuo.
E allora con la mia birra sotto il pergolato ho capito che a me una vita non basta per dirti, per dimostrarti quanto avrei voluto allungare un braccio e trovare il tuo e intorno il buio disegna contorni che ci sembrano panchine ma non lo sono, accidenti non lo sono e basterebbe così poco perché lo fossero.
Proprio poco.
Finisco la mia birra mi rimetto le mie cuffie e riprendo la mia strada verso casa allargando le braccia e cantando ad alta voce fregandomene delle auto che mi guardano, ho le cuffie e l’alibi è che se non mi sento io non mi sentiranno nemmeno loro e se mi sentono è venerdì sera e la città perdona i pazzi perché se li aspetta, cammino pensando che la paura è finita, che siamo umani, la vita è questione di sì e di no, di arrivo, della fottuta paura di arrivare e non trovare nessuno che io non ho più.
Ora il punto è come dirti che nel buio vedevo te, come dirtelo in maniera così chiara da farti commuovere.


16 luglio 2014

C'è un perché e anche un percome e anche un perquando

Alle sei di stamattina rispndo a un commentatore che, da altre parti, esponeva il solito tentativo di presentare la critica a Travaglio come l'espressione della fedeltà a Renzi, suo attuale obiettivo.
Dato che ne è uscita una cosa piuttosto articolata che in qualche modo prosegue il discorso che porto avanti qui da tempo aggiungendone un tassello contemporaneo, la riporto anche qui così da averne menmoria e archivio prima che scompaia nei meandri dei fiumi di commenti.

Perché sì, pare impossibile ma quella roba lì sotto è un commento, in risposta a questo:
"Il Travaglio di oggi è il medesimo di ieri. La stessa persona che dava del mafioso e del p2ista a Berlusconi mandando in brodo di giuggiole i suoi accaniti lettori di sinistra. Gli stessi lettori che oggi si indignano contro Travaglio perchè osa impunemente infangare Renzi riservandogli il medesimo trattamento."

"Esatto.
Solo che quello che tu (voi) vedi a forma di paradosso è in realtà esattamente la prova del suo non esserlo.
E preparati perché per spiegartelo ti tiro fuori dodici pagine di perché.
Se il dubbio non era buttato lì a cazzo e ti interessa saperli, prenditi un caffè, siediti e goditeli perché ci sono e sono tanti.

Travaglio è "iniziato" con Berlusconi, non aveva un storico precedente a fare da contrasto e cartina di tornasole, lo si è conosciuto così.
Forma e contenuto nel giudizio dei suoi accaniti lettori di sinistra coincidevano, Berlusconi aveva palesemente alle spalle il mondo del sottobosco illecito di questo paese e Travaglio non faceva altro che fornire gli appigli formali a certezze che, per essere tali nella mente delle persone intellettualmente oneste, chiedevano di poggiare su qualcosa di più solido della sola antipatia o sospetto.
La forma era legittimata dalla necessità del contenuto e non c'era motivo di pensare che il contatto tra le due sfere non fosse altro che il risultato del tempo necessario per esplorare quel contatto fino a renderlo evidente, tempo che solo chi dedica tutti quegli anni a leggersi ogni pagina di indagine uscita su quell'uomo poteva mettere a disposizione di chi non l'avrebbe mai avuto, pagandosi il mutuo in maniere diverse ma temporalmente altrettanto invadenti.
Poi un giorno Berlusconi iniziò, contro ogni previsione fatta in ogni singolo giorno di questi vent'anni, a percorrere la parte discendente della sua parabola e tutti quegli anni acquisirono improvvisamente un senso, c'era davvero la mafia dietro, aveva davvero dietro il potere economico della nazione ed è per quello che quella parabola ha invertito la pendenza nel momento in cui quel potere l'ha abbandonato.
Quel giorno si liberò un'area fino a un istante prima impensabile e quell'area fu occupata, anche per manifesta assenza di persone capaci di incastrarsi millimetricamente nella forma di quel vuoto che poi era l'unica possibilità di occuparlo realmente, dall'unico che di Berlusconi condivide la forma, la spregiudicatezza, l'arrivismo, il contorno, pur non condividendone la sostanza, il merito, il contenuto.
Quel giorno avvenne una seconda cosa in contrasto con le previsioni fatte fino al giorno prima e altrettanto impossibile da prevedere: Travaglio sembrò non accorgersene.
Tutti lo vedevano, c'era persino chi faceva caroselli con le auto in piazza tanto era evidente, tutti tranne lui, che come in un gigantesco giorno della marmotta si svegliò la mattina dopo prendendo lo stesso caffé, lavandosi la stessa faccia, aprendo lo stesso piccì e scrivendo lo stesso identico articolo.
Ma come, ci siamo chiesti tutti, ma non lo vede che non c'è più, che non comanda più, che la mafia non ha vinto, che quelli che fino a ieri ridevano in faccia ai contestatori certi dello scudo d'impunità anche culturale del quale grazie a lui godevano, quella mattina dopo si sono chiamati Latitanti, le elezioni li hanno decimati, la giustizia c'era, lui è stato condannato, le indagini si facevano, i suoi amici sono dovuti scappare in nazioni che ce li hanno rispediti indietro, nazioni che se avevano scelto per la fuga consideravano amiche che a sua volta significa che nemmeno gli amici li vogliono più, non esiste più angolo del mondo nel quale possano dirsi superiori alla legge, non era finito il berlusconismo era finito Berlusconi e l'unico che sembrava non essersene accorto era quello che pensavamo conoscesse meglio di tutti quello di cui parlava.
Oggi per curiosità dopo il suo editoriale sono andato a leggermi cosa scriveva del Piano di Rinascita quando Berlusconi era ai massimi.
Impressionante, potresti sovrapporlo a quello di oggi e nessuno noterebbe alcuna differenza.
Non è possibile.
Nemmeno se al posto di Berlusconi ci fosse davvero arrivata la figlia potresti oggi dire le stesse cose, gli stessi collegamenti, le stesse analisi, perché Berlusconi era Berlusconi, era Silvio, con la storia di Silvio, gli amici di Silvio, Mangano di Silvio, Milano2 e 3 di Silvio, Dell'Utri amico di Silvio come non lo potrebbe mai essere della figlia, l'amore dell'elettorato di Silvio che voterebbe Marina senza batter ciglio ma non la amerebbe come ha amato lui, non c'è materialmente più il mondo di Silvio del quale parlare come parlavi del mondo di Silvio e non puoi non essertene accorto, se non te ne sei accorto non sei tanto sveglio come credevamo.
Oppure per vent'anni non hai parlato di Silvio, ma di qualcosa che volevi dire del quale Silvio era il veicolo perfetto.
E allora in quell'istante un click nella mente, Silvio non era il contenuto, era la forma, solo che non potevi vederlo perché coincidevano, erano interscambiabili, non evidenziavano la necessità di distinguerli perché era impossibile, anzi inutile, farlo.
Cazzo ma vuoi vedere che questo ci ha fregato per vent'anni né più né meno di quanto ha fatto Silvio ed è per quello che Silvio ha detto che Travaglio è il giornalista più intelligente in Italia?
Capisci che non era ironia, che lo pensa davvero, perché entrambi hanno per vent'anni fregato esattamente quelli che mai avrebbero dubitato della loro sincerità e chiunque ci riesca è chiaro che riconoscerà nell'altro la medesima intelligenza, non lo facesse smentirebbe la propria.
E allora in quel momento il tuo livello d'attenzione critica passa da Defcon 3 a 2, occhio perché potrebbe davvero non essere finita, Berlusconi può sopravvivere a Silvio e a dare il via a questo processo rischia di essere proprio quello dal quale non ce lo saremmo mai aspettati.
Allora scopri che il problema risiedeva nella forma, non nel contenuto ed è per quello che rimosso il contenuto, quello che per noi era tale, la forma è rimasta uguale.

Il problema non è che oggi infanghi Renzi, ma che lo abbia posizionato nello stesso identico punto nel quale fino a ieri ci aveva detto esserci Berlusconi mentendoci, solo che oggi l'abbiamo capito che quello che ti presenta come contenuto è in realtà la forma, il veicolo, e quindi oggi, che uno storico a fare da cartina di tornasole l'abbiamo, la domanda "E allora qual è il contenuto" ce la siamo posta, ieri non ne avevamo la necessità, coincidevano e quindi la risposta era implicita, oggi non lo è più, forma e contenuto non coincidono più.
Di Renzi si può dire tutto, io stesso lo considero il prodotto più ovvio del berlusconismo, non sono in alcun modo in grado di dire che farà il bene di questo sciagurato paese e chi mi segue qui sopra potrà testimoniare che sono sempre attento a segnalare che un rischio di deriva autoritaria se 'sta roba che sta progettando sfugge di mano c'è eccome.
Ma non è una mafioso piduista.
E' il prodotto del berlusconismo ma non è Berlusconi.
E' spregiudicato come Silvio e simpatico un po' meno (anzi molto meno) di Silvio, ma non è Silvio.
Non ha la storia di Silvio, il percorso di Silvio, i Mangano di Silvio, i Dell'Utri di Silvio condannati per mafia e se fino a ieri ci spiegavi che Silvio era pericoloso non in quanto Silvio, tu stesso lo dicevi simpatico, ma in quanto circondato da Mangano e Dell'Utri, in quanto nato sui soldi della mafia, o tu oggi tiri fuori altre tonnellate di verbali d'interrogatorio nei quali i pentiti riferiscono di incontri tra la Serracchiani e i Boss di Cosa Nostra, condanne per mafia di quelli a lui più vicini, prove del collegamento tra lui e i poteri economici di questo paese, o tu del mafioso (o intenzionato a fare leggi che favoriscano i mafiosi) piduista non glielo puoi dare, nemmeno velatamente, figurati poi se lo fai palesemente.
Non è che non sia bello che tu lo faccia, non puoi proprio.
Sei un giornalista, per non pochi stai dove si posizionano i riferimenti culturali, sposti con un battito di ciglia migliaia di voti, per vent'anni hai detto che erano le fonti a darti ragione, che erano i documenti a dirti autorevole, che erano le tue indagini a dire solide le tue tesi finali.
Oggi non puoi uscirtene dicendo che Renzi è piduista perché lo dici tu, perché hai trovato dei collegamenti con il PRN di Gelli, quello è processo che sappiamo fare anche da soli e da soli sappiamo che è processo per il quale alle scuole di giornalismo di un paese mediamente civile si viene bocciati perché è da uomo di paglia, perché la stessa identica cosa la puoi fare anche con il programma dei 5Stelle, probabilmente di qualsiasi partito che si posizioni un metro prima del confine con la sinistra oggi extraparlamentare, in qualsiasi programma dal centro-sinistra in poi ci puoi trovare qualcuno che vuole privatizzare la rai, separare le carriere dei magistrati, abolire il bicameralismo, il valore legale della laurea, togliendo o mettendo uno qualsiasi dei punti di quel piano puoi dimostrare il parallelo con chiunque.
E sarà mica quello il tuo obiettivo?
Sostenere che siano tutti piduisti mafiosi?
Secondo il processo di esame che oggi puoi misurare e ieri no, sì, sono tutti mafiosi piduisti, ieri Silvio, oggi Matteo, domani chiunque non s'inchini a Ingroia e a Di Pietro, due che da magistrati masticano e sputano il garantismo come fosse lo scarto indigeribile del vivere civile, e non servono prove, basta affermarlo anche attraverso un compito in classe per il quale all'esame di giornalismo si sarebbe stati bocciati perché alla corposissima % acritica di quelli che per vent'anni hai lentamente educato basterà quello, ti hanno elevato a ruolo di fonte e oggi puoi dire qualsiasi cosa sapendo che verrà considerata vera perché l'hai detta tu, che sei la fonte sufficiente per superare il test.
Eccolo il contenuto.
Le prove non hanno più il valore che per vent'anni ci hai detto avessero e noi dovessimo imporci di dare loro quando tu, non noi, le dicevi così fondamentali e necessarie da essere ignorate proprio in quanto tali.
Le sentenze non sono più il riferimento, non è necessario aspettarle per emettere giudizi, al punto che li si può, anzi li si deve emettere anche in contrasto con le stesse, prevarranno i primi sulle seconde, l'editoriale su Errani in questo senso fa scuola e, nell'idea che ha del problema intercettazioni, anche in maniera formale e istituzionalizzata.
La morale superiore al giudiziario, ancora un passo più a destra e ci trovi la sharia, che non li considera sinonimi perché carente di termini alternativi ma perché considera l'uno strumento dell'altra e per questo nel medesimo modo li norma.
Non conta chi sia il veicolo, quello che doveva passare e che dovrà sempre passare è questa roba qua ed è per quello che l'unico partito che difende è l'unico altro sul suolo patrio secondo il quale sono tutti ladri, tutti mafiosi, tutti piduisti, tutti massoni, perché è l'unico che con lui condivide il fastidio per il garantismo e per il rispetto delle istituzioni, nonostante ad una prima superficiale lettura si sia portati a interpretare i suoi scritti (e la propaganda M5S) nella maniera esattamente contraria.
Il Contenuto.

No, questa roba qui non era verificabile prima che finisse Silvio, serviva un caso 2 a fare da contrasto.
Ovvio che secondo il famoso detto (garantista) per fare prova di indizi ne servano tre, ma in attesa del terzo con il quale chiudere il cerchio e stabilire definitivamente da che parte realmente stia, i precedenti due sono comunque sufficienti per dare per annullato dagli eventi il giudizio precedente e stargli attaccati al culo.
Perché se passa quello che sembra essere il suo reale contenuto, Silvio diventerà il ricordo di tempi felici persino per noi che sì, lo volevamo in galera.

Ovvio che non ho minimamente la speranza che tu sia arrivato fin qui, anche perché 'sto pippone per quando torni, se torni, sarà finito sotto non meno di 7/800 commenti e 'ste due ore che gli ho dedicato saranno servite a me e ad altri due matti che si svegliano alle sei.
Ma quel dubbio può essere spiegato solo così e così per quanto mi riguarda l'ho spiegato, perché 'sta storia che chi contesta Travaglio lo fa per antipatia e per impossibilità di contestarlo nel merito, manco fosse dio, avrebbe anche un po' rotto i coglioni."

11 luglio 2014

Gattini sul Post

Mombello di Limbiate, 2014

Una volta quelli che riempivano di gattini i propri wall li rinchiudevano in manicomio, oggi li invitano agli ape per dar lustro ai food testing nelle fashion week.

Come cambiano i tempi, le percezioni, le auto-percezioni.
Le libertà.

9 luglio 2014

To be to be tubitù

Con tutta la cautela del mondo appoggio una biglia su un piano inclinato, su un manto d'erba non tagliata, sulla pagina di un libro con un angolo piegato trovato dietro libri conclusi, dov'ero arrivato, non ne ho mai letta la fine, forse non c'è, cambiando i fattori cambia il raccolto, da lontano margherite, da vicino camomilla, calda e riposante in queste notti di un luglio di monsoni.
"Attenti al cane" dicono i cartelli sul cancello della fattoria, ma un allarme non sarà mai abbastanza dissuasivo finché dietro avrà sempre una casa, con dietro una scusa, con dietro una chiesa.
Il problema è quando il cane sono io, agility e fedeltà, autodidatta per esclusione, la corsa della biglia sul piano dell'essere Babau o Bau Bau a seconda dell'inclinazione dello sguardo, essere lupo, ululì, essere anche castello, ululà, essere autoprotezione, quel lavoro duro che qualcuno deve pur fare.
Essere o non essere è dubbio che già da parecchi anni ha trovato la risposta.
Essere.
La risposta era Essere.
Qualsiasi cosa ma essere.


8 luglio 2014

Epistolare infinito presente


Prosegue da qui:

Faccio un passo indietro:
Ogni volta che si parla di berlusconismo in un discorso che ne vuole datare l'origine e che nel 99,9% dei casi sceglie l'anno del video come inizio di tutto, io ricordo che il berlusconismo non iniziò affatto con quel video e nemmeno con Mani pulite come affermi tu, ma quasi dieci anni prima.
Il berlusconismo (per come lo intendo io) iniziò una sera del 1986 quando nel cielo milanese con fondale arena di milano, comparvero degli elicotteri che, atterrando al centro del campo in mezzo a un trionfale impianto scenico con in sottofondo sparato a milioni di decibel la Cavalcata delle Valchirie, consegnarono alla città il nuovo Milan di uno che si chiamava Berlusconi.
Quell'anno fu anche l'anno in cui passarono le famose leggi con le quali Craxi permise a ai canali privati di berlusconi di trasmettere in diretta nazionale tutto il palinsesto di sogni finalmente a un metro da chiunque, sogni finalmente raggiungibili, giochi a premi economici a qualsiasi ora, tope seminude in prima serata, la milano da bere l'edonismo reaganiano e bla bla bla.
Il berlusconismo iniziò con quegli elicotteri accompagnati dalla musica di Apocalypse Now, una città che si sentì più grande di New York e una nazione che uscì (forse finalmente) dagli anni '70 e i fumogeni che li caratterizzarono.
E tutto quello, da qualsiasi parte ti girassi, aveva il volto di Berlusconi.

Cambò non solo l'entusiasmo, cambiò proprio la struttura di pensiero, si fece largo (nel senso di consenso) l'idea che il consegnarsi a qualcuno, se quel qualcuno era così palesemente capace di materializzare non il suo ma il tuo benessere, non fosse più una resa ma al contrario fosse da quel giorno una scelta illuminata, lungimirante.
Iniziò un'epoca nella quale il concetto di "delega" assunse tutt'altro senso (e peso) rispetto a quello che faceva da pilastro alla repubblica parlamentare.
Non era più un voto di fiducia, era diventato un voto di fede, quel tipo di fede che ci fa consegnare a un'entità a noi superiore l'intera nostra vita dal risveglio a quando andiamo a dormire.
Chi fu capace di una rivoluzione così totale da andare a toccare la profonda struttura del pensiero di un'intera società fino a invertirne, avviandola, addirittura la rinascita economica della nazione intera, "berlusconi" lo sarebbe diventato anche in assenza di Mani Pulite.
Capitò quello e lui su quel treno saltò, ma sarebbe bastata qualsiasi altra cosa, la strada era segnata, nessuno avrebbe potuto essere percepito più grande di lui in quegli anni.

Allora i trentenni di quegli anni capita che siano diventati genitori negli anni successivi e che in quanto tali abbiano cresciuto i propri figli in case nelle quali a ora di cena era Strisca la Notizia a fare da notiziario, a portare nelle case l'idea di giustizia, di controllo, di indagine.
Il modello era servito: se chiamio il 113 non succede niente, se chiami Staffelli il giorno dopo il comune ripara la scuola.
Micro-vittorie che incasellate una al giorno e portate in dote sulle tavole di famiglie sedute su un analfabetismo istituzionale reso virtù proprio dal senso di inutilità che quella nuova Istituzione dava alle "vecchie", hanno lavorato come gocce sulla pietra fino a cancellare quasi completamente il senso dello Stato dalla mente di una % di cittadini pari allo share di Mike Bongiorno.

E per fare un altro collegamento faccio un altro passo indietro.
Non solo il berlusconismo non è databile alla discesa in campo, ma anche il modello Grillo non è riconducibile all'Uomo Qualunque come si è portati a pensare.
C'è un passaggio intermedio che è durato così poco da non imprimersi nella memoria, ma c'è stato ed è stato un campanello d'allarme che avrebbe dovuto far intravedere cosa fosse avvenuto nell'elettorato.

Non sto a riscrivere tutto, ti incollo direttamente una ricostruzione(*):
"Nel 1997 sfidò Antonio Di Pietro, Sandro Curzi e Giuliano Ferrara nel collegio elettorale del Mugello a Livorno. Quel pupazzo c'è ancora e si chiama Gabibbo. Il simbolo del partito rappresentava il Gabibbo nascente, il Gabibbo dell’avvenire. Lo slogan elettorale era: “Più populista di Antonio Di Pietro, più pelato di Sandro Curzi e più rosso di Giuliano Ferrara. Se dovete votare un Gabibbo, votate l’originale!”. Dopo alcuni comizi tenuti in Toscana, la candidatura del pupazzo di Striscia venne ritirata in seguito al terremoto in Umbria e nelle Marche. In questa occasione la creatura di Antonio Ricci si fece seria e denunciò l'inutilizzo dei moduli abitativi costati miliardi alla Protezione Civile e rimasti seminascosti e abbandonati sui binari nel paesino di Pizzighettone, in provincia di Cremona (guarda il video). Ma quale fu la provocazione? Il “Comitato di solidarietà S.O.S Gabibbo-Terremoto" lanciò una raccolta fondi a favore dei terremotati e in pochi mesi  le somme raccolte (più di 500 milioni di lire) vennero consegnate dal Gabibbo direttamente ai Governatori delle Marche e dell’Umbria, tanto che quest’ultimo commentò così: “Il Gabibbo è più puntuale del Governo nel consegnare i soldi per i terremotati”."

A renderlo speculare al grillismo c’è persino il parallelo con la donazione a favore dei terremotati, pure la cifra è curiosamente la stessa, e la fotina con l’assegno a dimostrazione che “il Gabibbo” è più puntuale del Governo.
Gabibbo che, finché il terremoto non suggerì a Ricci l'inopportunità di proseguire, stava raccogliendo un consenso sempre maggiore che rendeva l'ipotesi di una vittoria sugli altri candidati tutt'altro che remota o fantasiosa. 

Grillo non è il proseguimento dell’Uomo Qualunque, ma di Striscia la Notizia, che è a sua volta lei sì il proseguimento dell’Uomo Qualunque.
È, in sostanza, molto più complicata e insieme molto più semplice di come la vedi tu.
Il passaggio non è Uomo Qualunque - Grillo, ma è Uomo Qualunque – Berlusconi – Gabibbo – Grillo.
Una sequenza temporale in discesa per quanto riguarda lo spirito critico, progressivamente abbassato in maniera inversamente proporzionale a quanto di sé ciascuno aveva deciso di consegnare a quel modello lì fino a farne faro della propria intera esistenza.
Una sequenza  temporale il cui filo conduttore, escludendo per ovvi motivi il primo anello, guarda caso nei rimanenti tre è sempre Ricci, autore che sta dietro il successi di Berlusconi, del Gabibbo e di quel Grillo del quale fino a ieri è stato autore.
Perché sempre lo stesso è il linguaggio, medesimi sono i destinatari, medisima è stata l'efficacia.

Come si incastra Travaglio in tutto questo?
Nel punto in cui anche la pur efficacissima opera di Striscia la Notizia diventava completamente incapace di risolvere il punto critico dei figli di quella generazione di genitori e cioè proprio Berlusconi stesso.
Male e cura si erano trovati, dopo una ventina d’anni di lenta opera di modellazione del pensiero, a coincidere.
Come ne esci?
Con un altro Capitan Ventosa ma dalla parte opposta e l’unico candidabile a quel ruolo non poteva che essere l’unico che a quel male sembrava aver dedicato l’intera vita e cioè proprio Travaglio, al quale un’intera generazione ha, con lo stesso modello di pensiero che portò i genitori a consegnarsi a Berlusconi, consegnato la delega totale del proprio spirito critico.

Non c’è alcuna analisi in tutto ciò, non è il risultato di un pensiero critico ma della sua assenza, perché assente era dalle tavole serali nelle quali sono cresciuti e dalle quali si gridava già “Dagli al politico!” guardando il Gabibbo.
Figli cresciuti in assenza di educazione all’analisi e che per questo nel momento in cui non hanno più condiviso con i genitori il nemico comune non ne hanno contestato l’impianto critico, ma semplicemente l’obiettivo.
L’impianto critico “Gabibbo” andava benissimo, solo che andava indirizzato su un nuovo e diverso obiettivo, Berlusconi appunto.
Travaglio non è documentato sui temi che tratta più di quanto lo siano “Fabio e Mingo” quando fanno i servizi sulla sanità barese, ha solo scelto di scrivere libri invece che consegnare caciotte ai sindaci, ma il pubblico che compra i libri è lo stesso che chiama loro due per consegnare una caciotta al Direttore Sanitario del proprio comune.
Entrambi si rivolgono e cercano il consenso dello stesso pubblico, Travaglio e Berlusconi parlano entrambi allo stesso modello di pensiero e questa cosa non serve un filosofo per capirla, basta osservare cosa successe nel famoso scontro da Santoro di un anno fa, un momento che le due fazioni attendevano da secoli come fosse lo scontro finale Mazinga vs Goldrake e che in barba a qualsiasi attesa di sangue e fango si risolse nei tre secondi che Berlusconi, ben più consapevole di quale fosse il campo di gioco, più veloce di Travaglio seppe sfruttare mettendo in piedi lo sketch della sedia pulita prima di sedersi.
Bam.
Anni di libri e libri su di lui e poi con un fazzoletto quello ti mette a posto e si riprende 10 punti % nonché qualche anno di soddisfazioni messe in attesa della prima vera occasione.
I lettori del FQ ancora sono lì che si chiedono come sia potuto succedere, incapaci di capire che uno sketch comico fu esattamente l’unico epilogo possibile di un duello tra quelle due figure.

Allora come si incastra in tutto questo l’ipotesi di un governo che vede Travaglio alla Cultura, Di Pietro agli Interni e Ingroia alla Giustizia?
Si incastra perfettamente se guardi le scelte di quel tipo di elettorato non come scelte filosofiche, ma come scelte basate sullo share e null’altro.
Ed è il motivo per cui le Quiriniarie diedero come esito una lista nella quale comparivano sia Rodotà che la Gabanelli, la quale solo per serietà rispose “Io faccio altro nella vita” lasciando qualche migliaio di persone smarrite nella domanda "Cioè cosa? Non fai mica quella che è contro la kasta?"
Una base elettorale che il giorno dopo le Europee gridava ai brogli usando come prova il fatto che i candidati M5S su Facebook abbiano molti più like dei “Piddini” e che quindi le % di voto non rispondessero alla realtà del paese e non sono due a fare questo ragionamento con tono serio e convinto, ma centinaia.
Una base elettorale che fa del disturbo alla Striscia la Notizia il suo unico programma politico, vedi il considerare un comico la figura più adatta per “mandarli tutti a casa”, vedi il voto negativo nella legge elettorale che altro non è che il dislike su FB o il voto negativo nei commenti di Disqus (quando la piattaforma tolse la possibilità di votare in negativo i commenti, sul FQ ci fu una rivolta che andrebbe studiata nelle università di Scienze politiche se non di Piscologia), vedi gli incontri studiati solo per dimostrare che “il Piddì vuole solo fare affari con il pregiudicato”, vedi l’irruzione nella redazione del Secolo con telecamerina d’ordinanza e video da condividere per ricevere tante condivisioni dai cittadini che acclamano cittadini, video che danno voce a "la voce dell'Innocenza" (tutta di qua, i ladri tutti di là) che sta sotto il logo di Striscia la Notizia.
Quelli di Striscia sono gli "Innocenti", quelli di Grillo sono gli "Onesti sconosciuti alle Procure", l'autore è lo stesso, l'effetto catartico anche.

Il punto non è che quando si votano le ipotesi di governo scelgono Di Pietro alla Giustizia, il punto è che in quell’ipotesi di Governo alla Difesa ci vedono Gino Strada (la noti da solo la maglietta che indossano i figli di quel genio o serve che te la evidenzi per chiudere il cerchio aperto lassù?).
Capisci che quello che tu dipingi a forma di un sofisticatissimo processo di elaborazione del pensiero che ha portato a un ventennio giustizialista, in realtà non è altro che l’estensione del circo di Striscia la Notizia nelle risate come nella rabbia.
È, purtroppo, molto più banale e tragico nello stesso momento.

Gente convinta che farsi giustizia da soli sia possibile, sia legittimo, lo fanno anche quelli di Striscia e funziona meglio della giustizia ufficiale.
Il giustizialismo, anche se in maniera sbagliata, riconosce nella magistratura il punto di riferimento.
Questi vanno direttamente nelle redazioni a punire chi si è reso colpevole di diffamazione e non ci vedono nulla di strano, nulla di psicotico, nulla di illegittimo perché c'è un partito e c'è un giornale che ogni giorno dice loro che hanno ragione a farlo se lo Stato non lo fa per loro.
E' proprio un'altra cosa rispetto al semplice antiberlusconismo o giustizialismo e non è per nulla una bella cosa.

*: Fonte

5 luglio 2014

Falletti

In omaggio a Giorgio Faletti Rai1 stasera decide di mandare in onda Notte prima degli esami.

Notte prima degli esami è quel film nel quale recita il ruolo di un professore detestato dai suoi alunni i quali, vittime di uno scherzo che fa loro credere di essere promossi senza dover più sostenere l'esame di maturità, incontrandolo per strada gli indirizzano vendicativi e soddisfatti venti secondi ininterrotti di coro.


Interballo

3 luglio 2014

E poi conosco il prossimo sindaco


Bologna è l’unico posto che conosco, e di posti ne ho visti più di due in vita mia, nel quale se reciti la parte di quello che ti conosce da sempre stanno al gioco e l’effetto è che con chiunque parli, parli con uno che conosci da sempre e che ti risponde conoscendoti da sempre.
A quel punto l’aria diventa così bella che a nessuno dei due viene voglia di ricordare all’altro che in realtà non ci si conosce.
Praticamente quello che tiene mezzo pianeta incollato alla facilità dei rapporti dietro un monitor, ma con la differenza che riesci a realizzarlo nel reale, davvero, cioè esattamente quello che al monitor manca e che fa la differenza tra i rapporti reali e quelli no.
A Bologna sei seduto al bar con gli amici, non il bar dell’amico Luca però perché al suo bar sei già stato una volta e siete già amici, tornarci equivarrebbe a perderti l’occasione di un altro amico, quando entra Roberta che ti dice “Tu sei Bruno” ma non per esclusione o prossimità con persone(a) alle quali(e) associarmi perché tu eri l’unico seduto dal lato del tavolo dove non c’era nessun altro e allora come fa, forse proprio per quello, allora Roberta mi conosce davvero.
Ma no, il bello di Bologna è che sai che non è così ma è così.
Cioè lo sai che ti ha riconosciuto perché le ha detto che tu hai i capelli lunghi, che sei bellissimissimo, che se entri in un locale e c’è uno che parla e altri che dormono, si ubriacano, si tirano martellate sulle ginocchia, si tagliano, pregano, quello che parla è Bruno, però l’effetto è che tu sei a Bologna in un bar aspettando che passi Prodi che abita lì e invece entra Roberta e ti dice tu sei Bruno e tu le dici Ciao Roberta e ci parli come l’avessi salutata il giorno prima mentre vi separavate dopo una vacanza di gruppo di tre settimane pur avendo davanti una che non hai la più pallida idea di chi sia, è una di Bologna ed è amica sua, è sufficiente, non serve sapere altro.
Bologna è una città nella quale dovunque vai e a qualsiasi ora ci vai, stai pur certo che appena svolti incontri Egidio.
Egidio lo riconosci perché è tipo Roberta ma senza tette, cioè uno che l’altro giorno lo incontro e mi fa Ciao Bruno, ciao Egidio, che gli dici a uno che ti dice Ciao Bruno così, in giro per Bologna, Ciao Egidio appunto e la cosa bella è che non serve altro, tu non chiedi altro e lui nemmeno.
A Bologna ho visto un film gigantissimo su uno schermo circondato di stelle e signore che amano farsi prendere a male parole perché vogliono vedere il film in piedi in una piazza di persone che se lo guardano sedute a terra, non ancora emancipato dal mio imprinting milanese penso che c’è gente che per suicidarsi sceglie metodi meno sicuri, ma poi ritorno alla realtà e sono a Bologna, dove abitano persone che alle male parole preferiscono l’applauso e non uno, tutti.
A Milano l’avrebbero picchiata pure le ragazze, anzi forse soprattutto le ragazze, anzi a milano togli il forse, a Bologna ridevano e applaudivano e quella il film se l’è guardato davvero in piedi mentre il primo piano di James Dean su uno schermo di qualcosa come sessanta metri di base guardava a sua volta le stelle, una specie di gioco di specchi, un fondo di stelle coperto solo per una parte da uno schermo nel quale una stella del cinema di ieri guardava una volta di stelle sullo schermo con intorno le stelle del cinema di quella sera e intorno gente semplicemente felice di essere lì, anche in piedi, tipo noi, anche se nessuno ci applaudiva ma solo perché non li avevamo fatti incazzare, pensa che cavolo di città che è Bologna, una città nella quale se qualcuno ti si mette davanti io gli dico di spostarsi preparandomi al vaffanculo, sempre l'imprinting di cui sopra, e alla litigata e quello, chiunque quello, si gira sorride si scusa e si sposta, ma che è, Marte, sono tutti felici di niente e pronti a lasciarti un po' del loro spazio se solo glielo chiedi e a volte senza nemmeno bisogno di farlo, la signora infatti secondo me non era di Bologna, era di Milano.
Una città nella quale abita Letizia, che tu dirai chi diavolo è adesso questa Letizia, Letizia è una tipo Roberta e tipo Egidio che dovunque vai prima o poi la incroci e infatti conosce sia Roberta che Egidio, c’è un via vai a Bologna che non te lo spiego, sono talmente tanti che sembrano sempre gli stessi sei, non si esce per andare in un posto, si esce per andare su linee direttrici casuali che riescono a essere casuali e nello stesso momento arrivare sempre alle Torri e attendere che quelle degli altri le intersechino, è questione di minuti, a quel punto devi solo decidere se proseguire sulla tua o far scattare lo scambio come i treni e passare sulla sua fino allo scambio successivo, che tra l’altro è due metri dopo e o si chiama Roberta o si chiama Egidio o si chiama Letizia ma in ogni caso quando la tua direttrice incontra la loro il suono dello scambio al binario è Ciao Bruno, Ciao Letizia, Ciao Roberta, Ciao Egidio, Ciao ragazzi ciao (ciao ragazzi ciao) voglio dirvi che (voglio dirvi che) che vorrei per me grandi braccia perché finalmente potrei abbracciare tutti voi.
Bologna è una città nella quale nella stessa piazza ci sono cinquemila omosessuali riuniti per il gaypride e un tizio che, senza microfono, nell'altro lato della piazza sta su uno sgabellino a parlare di politica davanti a cinque persone che sembrano concentratissime ad ascoltarlo ma in realtà è che devono fissarlo per leggere i labiali perché prova tu a parlare senza microfono in una piazza nella quale è in corso un gaypride e cioè qualche migliaio di persone che urlano la loro libera sessualità pitonata e molto, molto, molto rumorosa, a Bologna lo fanno e sono convintissimi sia quelli che parlano che quelli che ascoltano, cioè io a un metro non capivo né i primi né i secondi ma loro sembravano capirsi benissimo perché andavano avanti e allora ti sposti dalla parte del gaypride ché almeno se non senti leggi i cartelli, le magliette, quelli che le indossano, che tra l'altro le indossano evidentemente solo perché da qualche parte che gli piace l'anal dovevano scriverlo e la maglietta tra le due opzioni dev'essere sembrata a tutti la soluzione più cauta in una piazza nella quale dei cinquemila un buon duemila sono lì per cogliere l'eventuale occasione di non doverlo nemmeno chiedere e duemila sono tanti anche per chi è lì per esprimere disponibilità, cioè su duemila a una bella fetta ce la fai a spiegarlo che ne facevi solo questione di principio ma ne restano comunque tanti che nel caos potrebbero non sentire né leggere il labiale e in quel caso sarebbero, come si dice, cazzi, e non avendo ancora incontrato Letizia né Egidio né Roberta incontri Giuseppe, o Giovanni, non riesco mai a memorizzarne il nome forse perché non è di Bologna, che tutto bellino con il mascara e secondo me anche un filo di rossetto ci tiene a dirti che non è gay e tra noi nessuno che riesca a dirlo con certezza perché no, se a Bologna sei in mezzo al gaypride con il rimmel, il rossetto e la felicità negli occhi di un bimbo immerso nel liquido amniotico non è assolutamente detto che tu sia gay, potresti essere semplicemente un etero molto felice di essere a Bologna, serve altro per esser certi, serve un uomo accanto ma quell'uomo è mio cugino ed è vero che è felice come non l'avevo mai visto ma non mi pare dipenda da novità di quel tipo però vai a sapere, sei a Bologna e tutto può accadere.
Bologna è una città nella quale tu passeggi nel lato opposto della città che di solito frequenti e c’è uno con dei capelli assurdissimi ma non dici nulla perché a Bologna uno così può tranquillamente essere un vigile urbano e tu la voglia di essere sempre scambiato per turista non ce l’hai e quindi taci ma ci pensa lei che ti dice “Lo vedi quello? Quello per un sacco di tempo è stato a casa nostra” e tu pensi che non avevi il minimo dubbio, non serve manco più dirlo, è implicito nella cittadinanza, ormai sono di Bologna anch’io e certe cose le do per scontate, cioè è strano, è di bologna, lo abbiamo incontrato sulla direttrice che stavamo percorrendo, vuoi che non sia come minimo amico di Letizia o di Egidio o di Roberta, non saremmo a Bologna se quello non avesse dormito almeno sei anni a casa di uno di voi quattro indifferentemente e probabilmente senza che i quattro nemmeno si siano accorti di quando ha iniziato e quando ha smesso come in effetti mi confermi pensando che quando uno così ti si pianta in casa per mesi il dettaglio dell'inizio e della fine sia tra quelli che uno si aspetta di vedere nella colonna del logico, è il bello di Bologna, funziona così, persino per fare una chiesa ne hanno fatte sette perché ce ne fosse una per tutti passando da una all’altra senza mai uscire e naturalmente essendo a Bologna pure lì dentro ci vendono birra, vedi mai che a Bologna per sei minuti consecutivi uno non ne trovi una nel raggio di dieci metri, potresti farci le scomesse e vincerle tutte, tipo scommettiamo che entro cinque minuti incontriamo Egidio pure in chiesa e invece no, strano non averci incontrato Egidio, avrà avuto da fare, tipo aspettare da qualche parte che passasse Letizia che a sua volta era da qualche parte ad aspettare che passasse Roberta che a sua volta era da qualche parte ad aspettare che passassi tu solo che tu eri con me sulla mia direttrice a fare la parallela e non lo so, onestamente davvero non lo so da che parte è diretta o sono dirette, ma certo è che Ciao Bruno a Bologna ha proprio un bel suono, così come ha un bel suono Come stai, Bene, sto bene, scusa se sono ancora abituato a rispondere Perché me lo chiedi, in realtà non mi interessa sapere perché me lo chiedi, è solo una domanda, va bene così senza che sia altro, è che non ho ancora smesso di essere un milanese che cerca di essere un torinese che si ritrova a casa quando è Bolognese.
È passata una settimana e ancora non ho disfatto la valigia, per dire.
Tra un po’ inizierò a prepararne direttamente cinque o sei alla volta, poi le lascio a casa nell'ingresso disposte cronologicamente e passo solo per prendere la successiva.
Che poi sostanzialmente è quello che faccio da vent’anni, solo che adesso tra quelle cinque ce n’è una che al ritorno ha sempre dentro una cosa in più e una in meno.