30 marzo 2016

Galantuomo

Suona il telefono e il tono del Ciao è sufficiente per capire il motivo della telefonata.
Anni fianco a fianco a costruire, lenta e quindi solida, quella reciproca stima personale e umana che non posso non dire base di gran parte del rispetto che oggi quel mondo mi concede e che io concedo loro.
Quando mi trovo coinvolto nei soliti discorsi sulla cattiveria e la spietatezza di quel mondo, la mia mente in silenzio va sempre a lui e dissolve qualsiasi tentazione di concordare pensando a quanto fosse mosca bianca e nello stesso momento così speciale da farsi paradigma di un'intera categoria e da solo salvarla.
Sarebbe bastato il ricordo di ogni suo palesato e mai risparmiato gesto di vero e proprio legame a farmi rammaricare per essere stato informato troppo tardi per riuscire a esserci all'affollato saluto, ma è alla fine della telefonata che mi si concede il dono, mai parola è più adatta, di quello che andrà a far parte delle cose che si fanno bivio e momento di esame dello stato dell'arte.
Non sono molte, infatti, le persone nei cui ultimi pensieri penso arrogantemente di aver motivo di entrare, ma tra quelle davvero mai avrei pensato di avere la fortuna di inserire una persona che di me ha sempre e solo visto la faccia professionale, quel "unica cosa" che dico sempre di essere riuscito a fare come si deve nella mia vita, ma sempre facendomi la domanda e dandomi la risposta.
Fino a oggi.
"Salutami il mio Brunetto" le ha detto.
Dentro quel pensiero di cui non sarò mai abbastanza orgoglioso, la risposta a una vita intera a chiedersi per cosa valga la fatica che ci metto e che nessuno capisce mai e nessuno mai capirà.
Lui aveva capito e questo bastava perché a ogni sua chiamata io corressi.
Mi perdoneranno i suoi uomini se oggi continuerò a correre, ma in strade di vita un po' più vuote.